Iniziata, il 1° settembre 1939, con l’aggressione della Germania alla Polonia, la seconda guerra mondiale finiva in Italia con la resa incondizionata dei tedeschi agli anglo-americani, firmata nella Reggia di Caserta il 29 aprile 1945.
In Germania, invece, finiva con la resa incondizionata dei tedeschi agli anglo-americani e ai sovietici, firmate rispettivamente a Reims e a Berlino il 7 e l’8 maggio 1945.
In estremo Oriente, infine, dopo il lancio della bomba atomica USA su Hiroshima e Nagasaki il 6 e il 9 agosto 1945, la guerra finì formalmente il 2 settembre successivo, con la firma della resa incondizionata dei giapponesi sulla corazzata americana Missouri, ancorata nella baia di Tokio.
Complessivamente, dunque, la seconda guerra mondiale era durata sei anni, causando tra i 55 e i 60 milioni di morti; quelli sovietici erano più di 25 milioni; quelli italiani, che nelle previsioni di Mussolini avrebbero dovuto essere “qualche migliaio”, erano invece quasi mezzo milione.
In Italia, dopo la liberazione di Roma da parte degli anglo-americani, avvenuta il 4 giugno 1944, il maresciallo Badoglio era stato sostituito alla guida del governo da Ivanoe Bonomi, che, il 18 giugno, presentò un governo tutto formato da ministri e sottosegretari indicati dai partiti del CLN, di cui egli era presidente, e sette giorni dopo, il 25 giugno, con il decreto legge luogotenenziale n. 151, emanò la Costituzione provvisoria, che avrebbe guidato il Paese all’elezione dell’Assemblea costituente.
I contrasti tra i partiti del CLN, soprattutto sull’epurazione dei fascisti, portò Bonomi, il 26 novembre 1944, a dare le dimissioni. Ma, non essendosi ottenuto il consenso degli Alleati anglo-americani su un’altra persona, il luogotenente del re, Umberto di Savoia, conferì l’incarico ancora a Bonomi, che il 12 dicembre presentò un nuovo governo, restato poi in carica fino al 20 giugno 1945.
Il 21 giugno, infatti, terminata la guerra in Italia con l’insurrezione generale partigiana del 25 aprile, la fucilazione di Mussolini del 28 e la resa incondizionata dei tedeschi del 29, entrò in carica il governo presieduto dal piemontese Ferruccio Parri, azionista, che, con il nome di battaglia «Maurizio», era stato uno dei principali capi del Comitato di liberazione nazionale dell’Alta Italia, CLNAI, che, su delega del governo Bonomi e con il consenso degli anglo-americani, aveva guidato la Resistenza nell’Italia settentrionale, e che ora portava nel governo di Roma il cosiddetto «vento del nord», cioè il progetto di rinnovare profondamente l’Italia sia dal punto di vista istituzionale sia dal punto di vista civile, economico e sociale, morale e culturale.
Ma il governo Parri durò soltanto sei mesi. Per l’opposizione prima dei liberali e poi anche dei democristiani, che ne giudicavano troppo rivoluzionaria la politica, il 10 dicembre 1945 esso fu costretto a dimettersi e fu sostituito dal governo di Alcide De Gasperi, democristiano, che pose fine all’epurazione antifascista, rimosse i prefetti nominati dai CLN locali, sostituendoli con funzionari di carriera formatisi e affermatisi con il fascismo, indisse le elezioni per il rinnovo delle amministrazioni comunali e guidò il Paese al referendum istituzionale e all’elezione dell’Assemblea Costituente del 2-3 giugno 1946.
Il 22 giugno, poi, cioè tre giorni prima che la Costituente tenesse la sua prima seduta, il presidente De Gasperi, d’intesa con il ministro di grazia e giustizia Palmiro Togliatti, comunista, per facilitare la riconciliazione tra italiani che avevano combattuto su fronti contrapposti, decretò “l’amnistia Togliatti”, che permise la scarcerazione di migliaia di fascisti, anche responsabili di vere e proprie sevizie, che i magistrati ritennero comunque non “particolarmente efferate”, e che provocò violente proteste da parte dei partigiani, soprattutto settentrionali, che invece vedevano propri compagni condannati per fatti e vendette compiuti durante e dopo la guerra.
In questo modo, mentre la Costituente elaborava la Costituzione della Repubblica e il ricordo delle violenze subite con il tempo si stemperava, i gruppi sociali, agrari, industriali, borghesi, burocrati, che avevano appoggiato il fascismo e ne avevano condiviso il potere, recuperavano progressivamente la sicurezza e la sicumera perdute con la sua caduta e superavano la paura di punizioni e vendette popolari, che in diversi casi li aveva portati a collaborare e finanziare la Resistenza e la guerra di liberazione.
Sì che, quando, il 1° gennaio 1948, cioè quasi cinque anni dopo la caduta del fascismo e quasi tre anni dopo la fine della guerra, entrò finalmente in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana, approvata il 22 dicembre 1947, essendo stata da sempre preferita dai governi italiani la continuità di fatto in senso conservatore dello Stato anziché la sua riforma per garantire la libertà civile e attuare la giustizia sociale, per cui avevano combattuto ed erano anche morti tanti partigiani e tante partigiane, la Repubblica, con i suoi vecchi codici e con i suoi funzionari, ministeriali, prefetti, magistrati, accademici, militari, poliziotti, quasi tutti mantenuti nei posti occupati durante il fascismo, se non addirittura promossi, continuò per decenni a somigliare molto più al vecchio Stato prefascista che non al modello di Stato democratico disegnato e approvato dall’Assemblea Costituente.
Tanto più che, forte di una sentenza della Corte di Cassazione, che il 7 febbraio 1948 aveva distinto le norme costituzionali in «precettive», giuridicamente costrittive per tutti, e «direttive», politicamente impegnative soltanto per il legislatore, la magistratura ordinaria evitava di applicare le nuove norme costituzionali ai casi giudicati, con il pretesto che il legislatore, cioè il parlamento, non le aveva trasformate da politicamente direttive in giuridicamente precettive.
Così, poiché governo e parlamento non ne attuavano i nuovi istituti e la magistratura non ne applicava le norme ai casi concreti, cui continuava invece ad applicare le norme fasciste, la Costituzione risultò «congelata», sì da essere ben poco efficace nel corso della prima legislatura repubblicana, quando, cioè, per la relativa instabilità della situazione, essa avrebbe invece potuto e dovuto più proficuamente operare e dispiegare i propri effetti di liberazione civile e di giustizia sociale.
Si creava così una situazione paradossale, in cui una politica conservatrice e reazionaria agiva ignorando completamente una costituzione riformatrice e rivoluzionaria.
Una situazione paradossale, che nel 1955 Piero Calamandrei, azionista, già membro autorevole della Costituente, vedeva come conseguenza di un primo, tacito, compromesso politico: «Per compensare le forze di sinistra di una rivoluzione mancata, le forze di destra non si opposero ad accogliere nella Costituzione una rivoluzione promessa.»
Come il canto La fanfara racconta la storia del Regno d’Italia dal 1870 al 1946, così il canto La banda racconta la storia della Repubblica Italiana dal 1946 ai nostri giorni, seguendo il contrasto dialettico tra un’Italia profonda, cioè l’Italia delle persone comuni, che con il proprio impegno e il proprio ingegno continua nonostante tutto a mandare avanti la barca, cambiando e migliorando le proprie condizioni culturali e sociali, e uno Stato profondo, fatto di persone che occupano posizioni di potere e che non hanno mai accettato davvero la Costituzione, “testamento di centomila morti” nella Resistenza, ne rifiutano l’attuazione nelle istituzioni e l’applicazione nelle situazioni, e frenano lo sviluppo democratico del Paese, tentando colpi di stato e attuando una “strategia della tensione”, che con attentati e stragi generi paura nelle persone, per spingerle a invocare e accettare l’uomo forte, che in nome della sicurezza riduca la libertà dei contestatori e degli oppositori.
Una “strategia della tensione” perseguita soprattutto negli anni Settanta del Novecento e che nei decenni successivi, sospesi gli attentati e le stragi di stato, iniziate il 1° maggio 1947 con la strage a Portella della Ginestra e con l’attentato a Togliatti il 14 luglio 1948, si è manifestata con continue critiche e aggressioni sempre più delegittimanti e bugiarde alla Costituzione, per cambiarla e accrescere il potere del governo a danno dei suoi contropoteri costituzionali, parlamento e magistratura anzitutto, e diminuire così le libertà civili e la giustizia sociale dei cittadini impauriti e ossessionati dal nemico volta a volta individuato e ingigantito da chi detiene il potere d’informare e orientare le paure e le speranze comuni.
La storia continua su questo articolo>>